In un momento in cui il turismo di massa ha invaso le città, ha privato i viaggiatori della realtà locale e ha trasformato l'esperienza del viaggio in un prodotto di consumo, sono nate delle alternative che danno un senso all'atto del viaggiare. Al centro di questa trasformazione si trova il club sociale della cannabis: uno spazio di convivialità, cultura e conoscenza che sta ridefinendo il turismo cannabico, soprattutto in luoghi come la Spagna.
I club sociali non sono solo luoghi di consumo. Sono luoghi di incontro dove la pianta si rispetta, si confronta e si discute responsabilmente. La cannabis torna a essere ciò che è sempre stata in molte culture: un contatto tra persone, un facilitatore di conversazioni profonde, una chiave per l'unione collettiva. Per il turista consapevole, visitare un club social equivale ad addentrarsi in un territorio dove la cultura cannabica vive, tarda e si reinventa.
In Spagna, il modello di club sociale è unico. Legalizzati all'interno di una struttura cooperativa, sono spazi chiusi in cui i soci condividono la coltivazione e l'uso della pianta, sulla base dei principi di autogestione, responsabilità e privacy. A differenza del modello commerciale dei dispensari, i club promuovono un uso non mercantile e promuovono una cultura dell'informazione, della cura reciproca e dell'etica.
Per chi viaggia intenzionalmente, il club si trasforma in molto più di un luogo per fumare. È un luogo dove imparare la storia della regione, conoscere le diverse varietà di piante e scambiare esperienze con coltivatori, attivisti, artisti e terapeuti. Molti club offrono eventi culturali, esposizioni, dibattiti, incontri e momenti di silenzio condiviso. Sono spazi vivi e organici in cui la cannabis è solo l'inizio di una conversazione.
Inoltre, i club promuovono un rapporto più rispettoso con i territori che visitano. Al posto di fomentare un turismo estrattivo avverso alle realtà locali, rafforzano le reti comunitarie, aiutano i piccoli produttori e promuovono pratiche sostenibili. Sono punti di resistenza e rigenerazione urbana, soprattutto in barrios periféricos o poco esplorati dai percorsi tradizionali.
Viaggiare mentre si esplorano i club sociali è anche un esercizio politico. Riconoscere l'importanza di una regolamentazione giusta, di una depenalizzazione efficace e di una riparazione sociale per le persone perseguitate dalla guerra contro le droghe. È una posizione a favore di un modello che privilegia le persone, non il profitto.
Alcuni turisti pianificano i loro viaggi in funzione dei club che desiderano visitare. In città come Barcellona, Bilbao, Malaga o Valencia, è possibile percorrere itinerari cannabici autentici in cui l'obiettivo non è il consumo, ma l'interscambio culturale. In altre parti del mondo, come Montevideo, Ciudad de México o Bogotá, si stanno sviluppando esperienze simili, anche se con vincoli legali diversi.
In definitiva, i club sociali hanno trasformato l'umanità in turismo cannabico. Riuniscono i desconocidos su una pianta che, se consumata consapevolmente, genera connessione, ascolto e presenza. Questo è ciò di cui molti viaggiatori hanno bisogno oggi stesso: meno filtri e più verità, meno atracciones e più incontri, meno prisas e più affetto.
Viaggiare è, soprattutto, permettere di sentirsi. E nei club sociali, tra le risate, le vedute e i silenzi, la cannabis ci ricorda che la cosa più importante del viaggio non è tanto quello che vediamo, quanto quello che condividiamo.